Riproponiamo qui l’articolo pubblicato da Vita Nuova, settimanale diocesano di Parma, la domenica successiva alla festa di san Francesco, 6 ottobre 2018.
«Francesco, va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina» (FF 593: 2Cel 10), dice Gesù, dalla grande icona del Crocifisso di San Damiano, a Francesco d’Assisi.
Così, nel bel mezzo della sua crisi esistenziale, il ricco giovane ‘imprenditore’ si mette a fare il muratore: elemosina pietre per ridare dignità alla chiesina di campagna in cui riceve questa vocazione. Sembra prenda gusto a questo lavoro: dopo San Damiano ripara anche le chiese di San Nicolò e della Porziuncola.
«Si concentra tutto nella missione di riparare la chiesa di mura, benché la parola divina si riferisse principalmente a quella Chiesa che Cristo acquistò con il suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati» (FF 1038: LM 2,1). San Bonaventura sembra darci ad intendere che, in un primo momento, Francesco abbia come “sbagliato mira”: ha fatto una cosa pratica invece del suo significato spirituale. Ma da uomo concreto e umile, Francesco si (e ci) apre la strada a comprender meglio che le grandi cose che dobbiamo fare nella vita cominciamo a realizzarle dall’obbedienza umile alle piccole.
In questa opera paziente e dilatata nei giorni, il giovane di Assisi ha l’opportunità di lavorare su più fronti. Oltre che con le mani, ‘lavora’ su di sé e sulla propria umiltà, nella fatica di presentarsi come mendicante e operaio a quegli amici, tra cui prima era noto come generoso spendaccione. E ‘lavora’ su coloro che incontra, lebbrosi e vecchi conoscenti, svelando come esista qualcosa in grado di farci ‘ricominciare’. Gesù Cristo: vale la pena seguirlo anche a costo di cose folli, pur di diventare più fedeli a Lui e a se stessi. Così comincia già a lavorare anche alla Chiesa di pietre vive: se stesso e i suoi prossimi.
Ma la Chiesa è mistero e istituzione ben più grande! Quando attorno a Francesco e al suo stile di vita si sono raccolti ormai undici ‘fratelli’, questi penitenti di Assisi si mettono in cammino verso Roma per trovare verifica nel giudizio del “Signor Papa” Innocenzo III.
Se sappiamo che la visita si conclude positivamente con “l’approvazione orale” della forma vitae, non sappiamo esattamente come sia andata nel dettaglio. Le fonti antiche rivelano e celano la complessità di quel pur decisivo incontro. La versione più colorita dice che il Papa, alla vista di un così misero personaggio che si proponeva una così ardua pratica di vita, lo invitò ad andare in mezzo ai porci per consegnare loro la sua Regola. Francesco obbedì e, dopo essersi ravvoltolato nel loro fango, tornò dal Papa chiedendogli di essere finalmente esaudito. «Il papa, davanti a questo fatto, pieno di ammirazione ma molto dispiaciuto di averlo disprezzato… accettò la sua petizione confermandogli l’officio della predicazione…» (Chronica di Ruggero di Wendover: FF 2285-2287).
Francesco obbedisce. Anche quando costa. Ma soprattutto vuole sé e i frati «fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici della santa madre Chiesa» (Testamento di Siena 5: FF 135), anche quando questi fossero «poverelli»: «non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori» (Testamento 9: FF 113).
Particolarmente impressionante è che si sia mantenuto fedele alla propria vocazione di “riparatore di Chiesa”, restando sempre un semplice muratore. Ha obbedito a quei prelati che che nessun riformatore cristiano di allora stimava più degni di essere “direttori dei lavori”. Eppure è riuscito a ri-costruire per attrazione, allora e oggi.
Dunque anche noi, in obbedienza a Papa Francesco, preghiamo la Vergine e san Michele per la riparazione della Chiesa, magari anche con le parole di san Francesco:
Santa Maria Vergine,
nel mondo tra le donne non è nata alcuna simile a te,
figlia e ancella dell’altissimo sommo Re, il Padre Celeste,
madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo,
sposa dello Spirito Santo;
prega per noi con san Michele arcangelo
e con tutte le potenze angeliche dei cieli e con tutti i santi,
presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e maestro
(Ufficio della Passione: FF 281).
Per approfondire alcuni elementi della devozione di san Francesco all’Arcangelo san Michele, potete leggere questo articolo del blog Vocazione francescana.