… e il Padre tuo, che vede nel segreto…
Mt 6, 4.6.18
Per me è stranissimo celebrare il Mercoledì delle Ceneri praticamente senza popolo. Straniante immaginare di salire all’altare domenica prossima senza la nostra gente. Molti fedeli — quelli per cui “andare a Messa” non è soltanto un precetto — vivono lo stesso disagio. In modo anche più violento.
Guardando indietro.
Volgendo lo sguardo al passato, a me e a molti viene in mente come, in momenti di epidemie e prove paragonabili a questa, le chiese non erano chiuse e piuttosto liturgie e preghiere si moltiplicavano per chiedere a Dio salute e salvezza.
Perché allora oggi non osiamo? Perché siamo costretti a rinunciare alle assemblee liturgiche, mentre i supermercati hanno visto non pochi “insani” assembramenti di persone? O le palestre sono aperte? I nostri vescovi sono succubi delle autorità civili? Pavidi? I parroci e frati uomini di poca fede?
Guardando dentro.
Con lo straniamento, per molti è arrivata anche la tentazione. Forte. Di lamentarsi. Di lamentarci di questa chiesa con poca fede. Ma forse le cose non sono così lineari come sembrano.
Infatti poi arriva il Vangelo di oggi, Mercoledì delle Ceneri (Mt 6,1-6.16-18). Gesù rimanda i suoi ascoltatori alla propria coscienza e responsabilità personale davanti a Dio: «il Padre tuo».
Tuo Padre vede nel segreto, dove nessuno vede: il segreto della coscienza e dei fatti tuoi. Della coscienza e dei fatti del tuo vescovo, del tuo parroco, delle autorità politiche e sanitarie, dei padroni del mondo… Ciascuno avrà la propria «ricompensa».
Ciascuno dovrà e deve tornare a sé. Lasciare le lamentele, che sono solo un inutile megafono del male. E trovare questa Parola che incoraggia al digiuno, alla preghiera e alla carità. E trovare quel desiderio profondo — che ciascuno ha dentro, e che solo la Parola può risuscitare — di essere più vero «nel segreto» di se stesso. Meno ipocrita. Di non pre-occuparci tanto del “segreto” altrui, che vede solo il Padre suo. Ma del nostro segreto.
Guardando avanti.
Quest’oggi sul capo di noi tutti vengono poste delle ceneri “apocalittiche”. Non tanto perché l’epidemia di questi giorni sia un segno della “fine”. Potrebbe. Ma non lo sappiamo e non possiamo saperlo (Mt 24,36).
Possiamo credere tante cose. Che siamo prossimi alla fine dei tempi. Che il coronavirus sia giunto all’uomo passando per qualche animale, oppure che sia un esperimento di ingegneria sociale di qualche padrone del mondo (con la “p” minuscola). Ma senza dati precisi siamo nell’ambito delle opinioni o delle ipotesi.
Apocalisse significa soprattutto “rivelazione”. Questo giorno delle ceneri 2020 è rivelativo. Ci svela quanto ci manca la “solita” S. Messa. Ci rivela di chi vogliamo lamentarci. Ci mostra di quale coscienza vogliamo pre-occuparci. Ci fa vedere se e come abbiamo davvero a cuore noi stessi e gli altri, amici e nemici, pastori e fedeli, amministratori e cittadini. Ci di-mostra che l’unica segreta coscienza di cui possiamo occuparci è la nostra propria. E che ha bisogno di molta cura. Non di giudizio. Neppure noi possiamo giudicare noi stessi. Abbiamo un Signore che prima che del tempo del Giudizio, ci dà questo preciso tempo di conversione, in cui ci parla e ci ama come Maestro e Re di misericordia. E questa non è un’opinione o un’ipotesi. E’… Rivelazione.
Qualcuno ha scritto che il Covid19 per questo 2020 è la nostra cenere sul capo, che ci ripete: «Ricordati che sei polvere e polvere tornerai» e «Convertitevi e credete nel Vangelo».
Prego per me e per noi tutti che queste parole sante — che legano passato e presente e futuro — ci facciano guardare indietro, dentro e avanti con il giudizio, la speranza e l’amore con cui il «il Padre tuo» vede nel “tuo” segreto. Che questo sia lo sguardo nuovo che converte. Che fa nuove tutte le cose. Anche me.